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Gli psicologi: violenza ‘gratuita’ nei giovani è mancanza di fiducia

“Dalla società nessuna bussola e così la pulsione esplode in rabbia”

“Chi aggredisce esprime sfiducia nell’altro. Questo è il messaggio da dare, perché non porre un argine non permette al bambino di avere fiducia. Quelli delle cronache più recenti sono ragazzi che non hanno fiducia in adulti e istituzioni”. Parte da qui Magda Di Renzo, psicoterapeuta dell’età evolutiva e responsabile delle terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), che nella diretta Dire Salute ‘La rabbia giovane prima, durante e dopo il lockdown’, riflette sul libro ‘Adoviolenza. La psicoanalisi e la violenza degli adolescenti’ insieme alla curatrice Paola Bolgiani, direttore clinico ‘Le Villette’ e all’autore Nicola Purgato, responsabile clinico Antenna 112 e Antennina di Venezia.

“Come possono avere fiducia questi ragazzi se nel mondo contemporaneo gli oggetti e le regole sono ormai tutti equivalenti?- domanda Purgato- C’è un’equivalenza che svuota tutto e loro si ritrovano sempre più soli a gestire le pulsioni, sfiduciati verso” gli adulti, “verso l’altro, che continua a dire tutto e il contrario di tutto”. A colpire di più in quest’epoca, difatti, sono le vicende di violenza ‘gratuita’ e ingiustificata che, tuttavia, Bolgiani sottolinea non essere “effetto di questi ultimi tempi, bensì del legame sociale, proprio del nostro stesso mondo. La domanda più corretta da porsi è- precisa la psicoanalista- ‘Che cos’è che produce, provoca, sostiene e scatena questo tipo di violenza nel nostro mondo?'”.

Anzitutto, sul punto, il team di psicoanalisti evidenzia come “la violenza non sia mai una sola. Ce ne sono tante e diversificate. La violenza senza motivo è una diretta espressione della pulsione di morte-sottolinea Bolgiani- del peggio che c’è in noi”. Ed è importante ricordare che quel peggio “c’è in tutti noi”. La gratuità che si coglie dalle esperienze di violenza giovanile, perciò, piuttosto che essere tale è espressione di sfiducia, e “molto spesso si rivolge proprio verso quelli che la società mette allo scarto. Gli scarti dei nostri legami, il diverso- riflette Bolgiani- In fondo viviamo in una società che tende a creare questi scarti e la violenza si concentra spesso su di loro”.

Le radici dell’adoviolenza sono dunque diversificate, ma tra tutte spiccano il vuoto dei ragazzi e la mancanza di capacità educativa negli adulti:

IL VUOTO E L’ASSENZA DI OGGETTI-BUSSOLA – Il vuoto dei ragazzi si manifesta in “un rapporto perturbato con gli oggetti”, spiega Purgato. L’esperto fa l’esempio dell’iperattività, che spesso “rientra nel tema della violenza, anche perché- ricorda lo studioso- secondo le statistiche americane un piccolo con Adhd è già un grande delinquente”. Ciò che lo psicoanalista intende dire è che spesso non si coglie il disegno d’insieme: “Per tutti fin da piccoli esistono degli oggetti in grado di orientarci. Adesso nella società contemporanea ce ne sono tanti e forse un effetto che stiamo sperimentando è proprio che ce ne sono così tanti che si sostituiscono, cambiano continuamente e piuttosto che riparare” vige la regola non scritta del “è sempre meglio cambiare. Non si coglie, quindi, il grande vuoto di oggetti che dovrebbero invece fungere da bussola per questi ragazzi”. Così, anche a due o tre anni, possono verificarsi episodi di violenza perché “i genitori rientrano in questo discorso ‘capitalistico’, in cui gli oggetti sono tutti sostituibili e non contano nulla. Allora- si domanda ancora lo psicoanalista- dove si orienta la pulsione? È lasciata sola a se stessa e non si impasta con l’eros, e una pulsione non orientata può assolutamente generare violenza”.

“I GENITORI RECUPERINO LA DIMENSIONE EDUCATIVA” – La società odierna, poi, impone dei ripensamenti nell’essere genitori. Uno dei principali problemi, secondo Di Renzo, è proprio il non saper “aiutare i bambini a sviluppare una capacità di riparare e non soltanto di sostituire. Tutte le teorie evolutive sottolineano che al bambino non pesa tanto l’errore che fa l’adulto quanto “la sua difficoltà a riparare. Perché se l’adulto non è in grado di riparare, non sarà in grado di insegnarlo al bambino. È un appello fondamentale che va rivolto ai genitori”.

Inoltre, a detta degli esperti sono tante le nuove evidenze di cui i genitori dovrebbero prendere atto: “Ci troviamo al cospetto di genitori che sentono un’esigenza improrogabile di essere amati. Hanno paura di essere rifiutati e non hanno quindi capacità di infliggere una frustrazione al figlio, perché temono che questo si risolva in un abbandono”, spiega Di Renzo. L’atto educativo, illustra, passa per “un po’ di cattiveria nell’imposizione di limiti, altrimenti i bambini finiscono col confrontarsi con un vuoto che si risolve in una melanconia collettiva. Bisogna aiutare i genitori a recuperare la propria dimensione educativa- avverte Di Renzo- non possiamo leggere la violenza solo come un problema comportamentale senza approfondire la causa che la determina”. Il paradosso in cui ci si ritrova altrimenti è quello “di parlare della violenza dei ragazzi, senza parlare della violenza generata dal ‘collettivo’, che poi propone sistemi educativi che dovrebbero eliminare ciò che hanno prodotto”.

RIPARTIRE DA CREATIVITÀ E AUTOREVOLEZZA – A perdersi nelle famiglie, secondo Bolgiani, è la capacità educativa. Nel mondo in cui viviamo non esiste più una dimensione di regole precise imposte dall’alto, vale tutto e anche il genitore o educatore ogni volta si chiederà ‘Ma questo ho diritto di impedirlo oppure no? Come si fa a far dormire i bambini?- continua Bolgiani- ecco che per avere una risposta si rivolgono a manuali che in realtà di scientifico non hanno nulla, è come appoggiarsi sulle sabbie mobili”. Davanti a questa “perdita di capacità educativa non abbiamo un nuovo regolamento da proporre- riflette il direttore clinico de ‘Le Villette’- e non possiamo nemmeno rifarci al passato, è un’epoca in cui dobbiamo essere molto inventivi e creativi”.

Al fianco di fantasia e creatività, però, sta un tassello ritenuto fondamentale dagli esperti: l’autorevolezza. “Bisogna conquistarsela con i bambini e i ragazzi, non è affatto scontata. E si torna così all’inizio del discorso: È il mondo adulto che propone una mancanza di fiducia, occorre impegnarsi con i ragazzi e con loro giocarsi la partita sinceramente, perché solo questo produce fiducia e autorevolezza”.

Questa esplosione di violenza è legata a un aumento di disturbi tra i più giovani? Questione lasciata aperta dagli psicoanalisti. Purgato sostiene “che disturbi e violenza vengano tutti e due insieme, perché i primi sono legati alla violenza, che è un’esplosione di solitudine al quadrato”. Bogliani invece sottolinea come “la violenza per certi versi sia normale. Non è sempre un disturbo ed è arrivato il momento di smetterla di etichettare tutto come disturbi dirompenti. Cominciamo- conclude- a interrogarci sul perché la violenza accada prima di mettere etichette”.