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Autismo, ricerca IdO: l’80% dei padri non coglie gli stati emotivi dei figli

Castelbianco: I papà siano più coinvolti, il loro contributo è enorme

“La percezione che i padri hanno in riferimento alla loro capacità di accudimento non corrisponde all’effettiva capacità, espressa durante le interazioni ludiche, di cogliere lo stato emotivo e di sintonizzarsi con i bisogni del bambino con disturbo dello spettro autistico (Asd) da un punto di vista affettivo-corporeo, quando le atipie del bambino potrebbero costituire una interferenza nella comunicazione e interazione con gli altri”. È questa la conclusione a cui sono giunti i ricercatori dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) tirando le somme di una ricerca condotta su un campione di 30 padri di bambini presi in carico presso l’IdO con diagnosi di Asd.

Partendo dalla constatazione che “poche ricerche ad oggi hanno approfondito lo studio delle interazioni tra bambini con autismo e i loro padri, focalizzandosi maggiormente sul funzionamento delle madri”, l’indagine IdO si è posta l’obiettivo di “esplorare la capacità di sintonizzazione genitoriale nei padri di bambini con Asd, osservata durante le interazioni di gioco, e di indagare la relazione tra la capacità di sintonizzazione e la percezione paterna delle caratteristiche psicologiche messe in campo nelle relazioni di assistenza”.

Nell’osservare il rapporto tra padri e figli (in maggioranza maschi di circa 4 anni di età) sono state valutate le capacità di assistenza responsabile, di assistenza affettiva, la sensibilità verso gli altri e l’aggressività. È stata inoltre valutata la qualità dell’interazione padre-figlio durante il gioco, per stabilire il livello di sintonizzazione emotiva dei padri. Per quanto riguarda i bambini, sono stati valutati l’affetto sociale e i comportamenti ristretti e ripetitivi. Ne è emersa una forte discrepanza tra il modo in cui i genitori valutano se stessi in relazione all’assistenza affettiva e responsabile e ciò che emerge dalla relazione con i propri figli. Infatti, si legge nello studio IdO dal titolo ‘Capacità di sintonizzazione e caratteristiche paterne nelle relazioni di cura in presenza di bambini con diagnosi di autismo‘, pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health, “la maggior parte dei padri con figli con Asd si percepisce dotato di capacità di accudimento flessibile, risoluta e riflessiva, e di poter disporre con equilibrio e autonomia delle proprie competenze di cura, così come di essere in grado di offrire sostegno emotivo anche in situazioni di elevato stress”. Tuttavia, dall’analisi dell’interazione nel gioco, emerge invece una realtà molto diversa: “I risultati- proseguono gli autori dello studio- mettono in evidenza nella maggior parte dei padri una carente capacità di sintonizzazione (80%) che si accompagna ad una scarsa presenza di gestualità corporea nello scambio con il bambino (80%) e un altrettanto carente capacità di comprendere i suoi stati mentali (93,3%). Nel nostro campione la capacità di sintonizzazione, la corporeità e la capacità di comprendere gli stati mentali del bambino sembrano- dunque- particolarmente deficitari”. Al contempo, aggiungono i ricercatori, “le analisi dei dati hanno messo in luce un ulteriore aspetto del funzionamento dei padri coinvolti, ovvero che all’aumentare dell’età dei padri aumenta la loro percezione di una migliore stabilità emotiva, intesa come la capacità di controllare gli stati di tensione e i propri comportamenti associati alle esperienze emotivamente intense”.

I dati raccolti suggeriscono dunque che “i padri riescono solamente a descriversi come maggiormente in grado di fornire sostegno emotivo, di controllare le proprie reazioni emotive in seguito ad esperienze emotivamente forti e di far fronte al dolore e alla frustrazione che seguono una perdita significativa. Ma nelle interazioni con il bambino con Asd mostrano invece una importante difficoltà nel comprendere i segnali del bambino e di rispondere in modo appropriato nel qui ed ora dell’interazione con il bambino con autismo”. Questo, secondo gli autori, potrebbe dipendere dal fatto che “ciò che i genitori percepiscono come un comportamento generalmente accudente nei confronti di un bambino con sviluppo tipico potrebbe non funzionare con un bambino con Asd, in quanto in assenza di una adeguata comunicazione corporea, il genitore potrebbe non riuscire ad interagire con il bambino in quell’area pre-cognitiva, pre-riflessiva e pre-verbale in cui il bambino si trova a svolgere le sue azioni. Sintonizzarsi con il bambino autistico significa, infatti- ricordano gli esperti- cogliere il ritmo, l’intensità e la forza delle forme vitali che si esprimono, però, attraverso stereotipie o ricerca di interessi sensoriali insoliti cui è difficile attribuire un significato. Anche padri con una buona sensibilità verso gli altri e con una adeguata capacità di offrire sostegno emotivo potrebbero non riuscire ad attribuire una intenzionalità ad atti che appaiono, sul piano adattivo, disfunzionali. Così non riescono a rispondere allo stato affettivo sottostante il comportamento manifesto”.

Questo studio, constatano gli autori, “fornisce indicazioni utili al fine di migliorare le interazioni padre-figlio con disturbi dello spettro autistico, attraverso il coinvolgimento dei padri in un intervento precoce che abbia lo scopo finale di migliorare le capacità di sintonizzazione genitoriale, con particolare attenzione alla dimensione affettivo-corporea. In quest’ottica, un progetto specifico per questi padri dovrebbe sostenerli innanzitutto nella comprensione dei comportamenti atipici e poi nella possibilità di rispondere al bambino secondo i suoi bisogni. Questo significa, in altri termini, aiutarli a comprendere che anche nelle stereotipie e nei comportamenti sensoriali insoliti dei loro bambini si cela un’intenzione comunicativa la cui comprensione permette al genitore e al figlio di sperimentare una relazione maggiormente sintonizzata e amorevole”.

Federico Bianchi di Castelbianco, co-autore della ricerca, aggiunge: “Abbiamo cercato di approfondire e conoscere meglio le capacità di sintonizzazione dei padri. Lo abbiamo fatto somministrando dei questionari e facendo incontri. In tal modo abbiamo avuto la conferma di quanto già sospettavamo: i padri devono essere coinvolti molto di più nel rapporto con i figli, hanno la capacità di essere empatici e di relazionarsi con i loro bambini se gli viene spiegato”.

Lo psicoterapeuta dell’età evolutiva tiene a sottolineare l’uso della parola ‘sintonizzazione’: “Lo abbiamo usato perché i padri devono proprio sintonizzarsi con le esigenze, le richieste dei figli, comprendendole e vivendo in sintonia. Capite quanta difficoltà ci possa essere nel sintonizzarsi con bambini che hanno un disturbo dello spettro autistico? Nel momento in cui abbiamo dato loro gli strumenti, i padri hanno risposto in modo ottimale, hanno fatto tutto ciò che dovevano o pensavano di dover fare e questa loro attività è stata accolta dai bambini in maniera incredibile. Un dato che ci fa comprendere, quindi, che il valore del padre nel rapporto con il figlio è enorme, che il contributo dei padri è grandissimo e i primi a beneficiarne sono proprio i loro bambini”. In conclusione, Castelbianco ricorda quanto sia “fondamentale il valore di tutti i papà nella relazione con i bambini, e non solo quelli con disturbi dello spettro autistico”.