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Autismo, il modello Derbbi dell’IdO in un video dell’Upb in Colombia

“L’autismo è un disturbo complesso e la terapia deve occuparsi di molti aspetti”. Inizia da un principio semplice ma chiaro Magda Di Renzo, psicoterapeuta dell’età evolutiva e responsabile del servizio Terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma, per presentare ad una platea di studenti, studiosi ed esperti dell’Università Pontificia Bolivariana di Palmira (Colombia) il progetto DERBBI (developmental, emotional regulation, relationship and body-based intervention) . È il primo modello italiano evolutivo a mediazione corporea, soprannominato ‘progetto Tartaruga’ per non illudere o dare false aspettative: “Non ci sono miracoli, ma seguendo dei percorsi mirati molti bambini hanno grandi miglioramenti”.

Questo modello è stato presentato in Colombia da Di Renzo insieme ad Elena Vanadia, neuropsichiatra infantile dell’IdO, e Massimiliano Petrillo, psicoterapeuta dell’età evolutiva dell’IdO. L’equipe così composta ha partecipato a 4 conferenze organizzate nelle sedi centrale e distaccata dell’Università del Valle (Univalle) di Cali e Palmira, ed una nell’Universidad pontificia bolivariana (Upb) sempre di Palmira che ha sintetizzato l’intervento in un video.

“La prima parte delle terapie, prevista dal progetto Tartaruga, è condotta insieme alle mamme attraverso un lavoro di gruppo- spiega Di Renzo nel video Upb- che le aiuta a trovare una modalità di gioco e di comunicazione con i loro bambini. Naturalmente anche i padri sono coinvolti. Il bambino impara a sintonizzarsi attraverso le attività corporee-sensoriali ed espressive- sottolinea la psicoterapeuta- un lavoro che permette anche l’organizzazione cognitiva. Il nostro modello dura quattro anni, ma si allunga se i bambini ne hanno bisogno: i primi due anni sono essenzialmente corporei e poi, gradualmente, si introduce un lavoro che riguarda il linguaggio e gli aspetti cognitivi. La collaborazione con la scuola è fondamentale per cercare di proporre al bambino le stesse modalità e tipologie di gioco proposte a casa e in terapia”, conclude Di Renzo.

L’autismo è una sindrome multifattoriale. “E’ un disturbo complesso perché è complesso lo sviluppo nell’età evolutiva- prosegue Vanadia- così come sono complesse le relazioni umane e il funzionamento dell’organismo. Per questo motivo, all’interno del progetto Tartaruga, il processo diagnostico è un processo multidisciplinare e multidimensionale, che tenta di integrare tutte le componenti dello sviluppo e della vita di un bambino in modo da evitare che i comportamenti osservati vengano attribuiti esclusivamente a un funzionamento di tipo autistico. Sappiamo che le componenti possono essere differenti- sottolinea la neuropsichiatra- e il nostro processo diagnostico ha lo scopo non solo di individuare il funzionamento e il profilo di sviluppo del singolo bambino, ma di fornire la base affinché la terapia possa essere altrettanto individualizzata. Ormai si parla di autismi e siamo consapevoli che non possa esistere un’unica terapia. A questa certezza aggiungiamo l’intenzione di integrare gli aspetti neurobiologici e neuroscientifici con un’impalcatura teorica e di osservazione di tipo psicodinamico- termina Vanadia- perché sappiamo che dietro i comportamenti c’è sempre un bambino”.

Il filo di ricerca Italia-Colombia si inserisce in un ampio lavoro di relazioni scientifiche internazionali che l’IdO coltiva da anni con diversi Paesi nel mondo in tema di autismo. “Con questo impegno cerchiamo di far conoscere sia il nostro modello che i principi teorici che trovano il loro riscontro applicativo nella terapia- sottolinea Petrillo- e che mostrano un’efficacia terapeutica che si integra e si trasforma anche negli aspetti più legati alla ricerca”. Osservare quanto viene fatto negli altri Paesi permette, certamente, all’IdO di potersi confrontare su “campioni di bambini in un’area così complessa come quelli dei disturbi dello spettro autistico- ricorda lo psicoterapeuta dell’età evolutiva- per poter dimostrare come il protocollo di valutazione per il profilo di sviluppo del bambino con autismo elaborato dal nostro Istituto possa portare indicazioni importanti a livello terapeutico che ottengono degli ottimi outcome”.

Su disturbi così complessi è, quindi, fondamentale aprire spazi di condivisione. Secondo Jorge Emerson Ruíz López, studente dell’Upb, “ci arricchiscono molto in due direzioni: nella motivazione, perché ci permettono di comprendere che quello che studiamo e facciamo serve davvero per il mondo e i processi umani- conclude- ma ci consente anche di comprendere che la conoscenza, quando é il prodotto di un lavoro di ricerca serio e di una elaborazione teorica che si sviluppa nella pratica, promuove un’evoluzione e una innovazione del sapere stesso”.

Nell’ambito dei disturbi dello spettro autistico “siamo a conoscenza della grande esperienza dell’equipe IdO che ha lavorato in questo campo da oltre 45 anni. Le proposte e le scommesse innovative presentate sono molto interessanti- conferma Monica Roncancio, direttrice del programma di Psicologia della Upb- e puntano non solo sugli aspetti clinici, ma anche sull’attenzione alla realtà integrale di questi bambini. L’equipe interdisciplinare ci fa riflettere sulle barriere che, come psicologi, abbiamo creato e su quanto sia importante cercare di oltrepassarle negli interessi di ciò che é centrale: gli esseri umani, e in questo caso- conclude- i bambini con autismo che vivono una condizione complicata e difficile”.