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Scuola. Dsa, Veronese (psicologa Aulss 17 Veneto): aumento del 4% dal 2010 al 2019

Vichi (IdO): Attenzione a componente affettiva nel trattamento

“Una popolazione in continua espansione: i bambini e i ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa). Sono numerosi e solo in parte ne conosciamo l’entità, la distribuzione e il tasso di crescita. È una popolazione formata da coloro che hanno ricevuto la diagnosi di Dsa. C’è anche una categoria residuale rappresentata da quanti non sono né disabili, né dsa e che in ambito scolastico e sociosanitario vengono identificati come Bes (Bisogni educativi speciali), acronimo introdotto nel 2012 da una direttiva ministeriale”. Inizia con queste parole Giuliana Veronese, psicologa e psicoterapeuta dell’Aulss 17 della Regione Veneto (Padova), la seconda sessione della terza giornata di lavori del convegno per celebrare i 50 anni dell’Istituto di Ortofonologia (IdO).

 La psicoterapeuta porta subito l’attenzione sul quadro epidemiologico: “Il report dell’Istat del 9 dicembre 2020 fa sapere che gli alunni Bes, non compresi nella legge 104, ammontano a quasi il 9% degli alunni iscritti. Per quanto riguarda, invece, gli alunni con Dsa, il report del MI dello scorso novembre- ricorda Veronese- conta a livello nazionale, nell’arco di 9 anni, dal 2010 al 2019, un aumento che va dallo 0,9% al 4,9%. La popolazione con Dsa rappresenta, quindi, un trend in continua crescita ed è urgente interrogarci sulla qualità delle esperienze di questi ragazzi, delle loro relazioni e dell’apprendimento, ma anche sulle loro traiettorie di sviluppo. Nei servizi sociosanitari continuano ad aumentare le richieste di intervento- afferma la terapeuta- e nel corso degli ultimi anni i genitori arrivano ben documentati al servizio. In certi casi la diagnosi l’hanno già ipotizzata e attendono di avere conferma”.

Ma come si effettua una diagnosi di Dsa? “Bisogna tenere conto del profilo globale di sviluppo, oltre alle necessarie valutazioni effettuate mediante test e osservazioni cliniche. Sono riconosciuti a livello nazionale e internazionale- precisa Andrea Pagnacco, neuropsichiatra infantile dell’IdO– tutti gli strumenti testologici che si usano per definire un quadro clinico che non può prescindere dai contesti di vita del bambino: il suo ambiente familiare, scolastico e in tutte le aree in cui è coinvolto”. Quello che non bisogna mai dimenticare però, secondo Pagnacco, è che “al centro della proposta riabilitativa e terapeutica c’è il bambino. Un disordine, un disturbo o un deficit, in realtà, potrebbe avere un’evoluzione di cui non conosciamo del tutto la traiettoria e il percorso, se non in considerazione anche di quelli che sono i fattori protettivi e di vulnerabilità del bambino e del suo ambiente”.

Infatti i Dsa l’IdO li tratta con un progetto riabilitativo e terapeutico di tipo integrato: “Da una parte teniamo conto del lavoro riabilitativo funzionale, principalmente logopedico- aggiunge Paola Vichi, psicoterapeuta e logopedista dell’IdO–  che agisce sul processo di letto-scrittura e che sostiene il bambino nell’acquisizione di questo processo, ma non solo. Dall’altra parte, però, associamo sempre un lavoro di sostegno di tipo psicologico. Non possiamo prescindere dalla componente affettiva che a volte è fondante, sta nel disturbo e quindi nell’immaturità che questo bambino presenta nell’approcciare il processo. A volte, invece, è conseguenza della difficoltà che il bambino sperimenta a scuola e nel suo ambiente”, ricorda la terapeuta. Per questo l’intervento non è rivolto solo al bambino, ma coinvolge anche il counseling ai genitori”. Poi c’è il counseling con gli insegnanti: “Svolgiamo un grande lavoro con la scuola, in quanto i docenti hanno bisogno di molte indicazioni- precisa Vichi- e per noi è importante sapere com’è il bambino a scuola”.

A che età è possibile individuare un disturbo specifico dell’apprendimento? “In genere nel secondo quadrimestre della seconda elementare- risponde Vichi- e in questa fase il bambino viene agganciato nel momento in cui sta acquisendo il processo di letto-scrittura. Quando arriva, invece, con una diagnosi tardiva, già in quarta o quinta elementare, o addirittura al passaggio alle medie, subentrano altre difficoltà. Il bambino a quel punto ha già strutturato alcuni meccanismi, ha scelto il carattere di scrittura, spesso ha attivato anche sul piano psicologico dei rifiuti o delle inibizioni e tutto ciò rende più complessa la possibilità di agganciare la sua motivazione ad apprendere”.

Il consiglio di Paolo Segalla, neuropsichiatra dirigente medico presso la Aulss 17 della Regione Veneto, è di “privilegiare un modello di intervento aperto e multidimensionale. Tale approccio garantisce nella presa in carico un’attenzione all’integrazione delle competenze dei vari aspetti della personalità e può costituire un fattore di prevenzione primaria di quello che da molti viene indicato come il problema del futuro: i disturbi della personalità”.