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Disturbi del neurosviluppo, Vanadia: In dieci anni casi raddoppiati. Interessato 1 minore su 3

E un terzo delle famiglie non ha risposte. IdO fa il punto al corso gratuito Sip

“In meno di dieci anni gli utenti seguiti nei servizi di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza sono raddoppiati. E se 1 bambino/adolescente su 5 presenta un disordine del neurosviluppo, dall’altra parte solo 1 famiglia su 3 riesce ad avere le risposte diagnostiche e terapeutiche di cui ha necessità, come sappiamo dai dati della Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza”. Parte da qui Elena Vanadia, neuropsichiatra infantile dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), per tracciare una panoramica sulla dimensione evolutiva dei disturbi del neurosviluppo nell’ambito del corso gratuito online di aggiornamento sul tema promosso dalla Società italiana di pediatria (Sip), in collaborazione con IdO, Fondazione Mite, Sindacato italiano specialisti pediatri (Sispe) e Società italiana di neonatologia Lazio (Sin).

I comportamenti in età evolutiva assumono, inoltre, “un significato diverso in base all’età (cronologica o mentale) e al profilo di sviluppo (ad esempio disfunzioni della processazione e dell’integrazione sensoriale) in termini di competenze o segni/sintomi. Ecco perché- dice Vanadia- è indispensabile conoscere le teorie dello sviluppo, i concetti di sinattività, integrazione, compiti e conflitti evolutivi”. E in questa dimensione “è importante conoscere le finestre di intervento- precisa la neuropsichiatra- perché non solo intervenire su un disturbo in una determinata epoca può essere più efficace, ma anche perché poter individuare gli indicatori di vulnerabilità (individuale o ambientale) significa prevenire la strutturazione di disturbi, sostenere lo sviluppo in modo sano e adattivo e ridurre il bisogno terapeutico successivo”.

Sulla stessa scia anche Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’ IdO, sottolinea come un disturbo del neurosviluppo abbia “un fortissimo impatto sulla dimensione sociale e, a sua volta, la mancanza di socializzazione-dice la psicoterapeuta- è un elemento che alimenta il problema iniziale”. Fondamentalmente “ci troviamo di fronte a due carenze- spiega Di Renzo- carenza nella comunicazione e carenza nella relazione. Quando si vuole fare un intervento precoce è importante capire quali siano i segni precoci e comprenderne tutti i passaggi evolutivi. Possiamo vedere questa carenza di comunicazione molto prima di poter osservare la mancanza di linguaggio, perché sappiamo che la comunicazione verbale si può osservare in quelle che definiamo ‘protoconversazioni’, ossia le interazioni costanti tra il bambino e il suo caregiver”.

Di Renzo spiega quindi “che la prosodia è uno dei principali elementi strutturanti del linguaggio: il bambino comprende le intonazioni molto prima di comprenderne il significato. Quindi la prosodia è un elemento di strutturazione cognitiva”. Infatti, “si è potuto osservare che a 6 mesi i bambini con un disturbo del neurosviluppo hanno un arresto nella prosodia e non c’è il passaggio ritmico successivo- dice la psicoterapeuta- e questo nello scambio tra il bambino e il caregiver determina una povertà nella protoconversazione che determinerà poi un certo andamento del linguaggio”. Dunque “un bambino che non attiva responsività nell’adulto lo rende meno propenso a trovare un significato nei suoi comportamenti. Poiché sappiamo che la mente del bambino viene co-costruita nel rapporto con la madre e se una madre non ha dei segnali da parte del bambino- conclude Di Renzo- non riesce a fare delle ipotesi sulle intenzioni del figlio. Questo determinerà una povertà nella costruzione della mente”.