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Covid. A un anno dal lockdown, IdO: Dopo l’estate curare la ripresa come una pianta

Castelbianco: I ragazzi si sentono abbandonati, serve una soluzione di lungo periodo

Il primo lockdown sta per ‘compiere’ un anno da quando è stato decretato in Italia lo scorso 9 marzo, “ma la pandemia non sembra sia finita e si andrà avanti ancora per qualche mese, sperando che siano gli ultimi mesi. Ora, tutti puntiamo sull’estate, la stagione in cui si ha più voglia di fare, di viaggiare, di coltivare i rapporti. Ma quello che non sappiamo è, passata l’estate, quante saranno le persone che avranno la forza di riallacciare rapporti senza preconcetti, senza le paure e le ansie che hanno vissuto e che albergano ancora dentro di loro. Bisogna essere ottimisti da un lato, ma prudenti dall’altro. Non dobbiamo pensare che tutto finirà con la ripresa di settembre, che invece andrà curata come fosse una pianta”. Invita alla prudenza e all’empatia Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), passando in rassegna questo primo anno di pandemia da Sars-Cov-2 con tutte le conseguenze e le aspettative che porta con sé.

“La pandemia ha portato un cambiamento sociale fortissimo, a cui non eravamo preparati e non potevamo neanche ipotizzare. Questo cambiamento, quindi, ha preso tutti in contropiede- ricorda lo psicoterapeuta dell’età evolutiva- Così abbiamo i ragazzi che hanno subito questa epidemia in modo impressionante e noi adulti ce ne accorgiamo solo quando commettono delle stupidaggini, come le risse per strada, quando le violenze sono mostruose o ancora se notiamo che non escono più”.

Riguardo al ritiro sociale dei giovani, il direttore dell’IdO sottolinea che “siccome se non escono non fanno del male a qualcuno, semmai a sé stessi, questo non fa notizia e non viene notato. Il problema- aggiunge- è che questi ragazzi, passati dalla sindrome della capanna ad essere ritirati sociali, sono ormai un numero sopra ogni limite”. Per intercettarne un numero ancora maggiore, dando loro aiuto e supporto, l’IdO ha creato e lanciato sul proprio sito un videogioco: “È un modo per entrare in contatto con questi ragazzi, per conoscerli meglio e verificare i loro pensieri”. Quello dei ritirati sociali, definiti ‘hikikomori’ usando il termine giapponese, è un fenomeno che in Italia riguarda circa 120mila giovani, secondo i dati più recenti e sottostimati secondo gli esperti.

L’utilizzo di un videogioco come porta d’ingresso per una relazione con i giovani porta Castelbianco a una riflessione riguardo al cambio di modalità della psicoterapia imposto dalla pandemia. “Terapeuticamente è tutto cambiato e quasi ogni attività si svolge ormai attraverso i telefonini e i computer. È cambiato il modo di incontrarsi e di ascoltare da parte del terapeuta. Nonostante queste modalità noi abbiamo lavorato di più- assicura- la poca disponibilità agli incontri frontali non ha modificato il numero di ore dedicate ai colloqui coi pazienti, perché probabilmente anche loro hanno trovato beneficio nel poter incontrare il terapeuta attraverso lo schermo, con la sicurezza di non essere contagiati e di non portare contagio, costruendo così anche una forma di intimità. Questo li ha portati ad essere più partecipanti e più disponibili”.

Con lo scoppio dell’epidemia l’IdO ha messo in campo una squadra di 80 specialisti professionisti nell’età evolutiva pronta a rispondere 6 giorni su 7 alle paure di studenti, insegnanti e genitori. I servizi ‘Ido con voi’ e ‘Lontani ma vicini’ hanno contenuto e continuano a contenere i giovani in preda ad ansia, attacchi di panico, stress, rabbia, frustrazione, paura e bisogno di chiarimenti sui limiti imposti dalle restrizioni. A marzo, i due servizi ampliati a causa del lockdown, contavano già migliaia di contatti giornalieri e al momento gli sportelli online sono attivi in 700 scuole, mentre quelli in presenza restano attivi in 150 istituti. “Possiamo dire, quindi- commenta Castelbianco- che da un lato la pandemia ha ammazzato i rapporti dal vivo, dall’altra ha esaltato i rapporti via telefonino e via web. In questo i ragazzi ci hanno rimesso tantissimo. Non è vero- avverte l’esperto- che stanno tutti bene, molti stanno male ed è colpa anche di come tutti noi abbiamo gestito, ad esempio, la scuola”.

Il direttore dell’IdO ricorda come, nel corso dei mesi passati, psicologi ed esperti di età evolutiva abbiano lanciato diversi suggerimenti alle istituzioni per preservare la salute, fisica e mentale, dei ragazzi, annunciando come le restrizioni avrebbero potuto portare a esplosioni di violenza incontrollata una volta che i ragazzi avessero riconquistato anche solo un minimo di libertà. “Questi suggerimenti sono rimasti inascoltati e ora ne paghiamo tutti le conseguenze- constata- I ragazzi si sono giustamente lamentati del fatto che di loro non si preoccupa nessuno, si sentono gli ultimi di una serie di categorie che necessitano di aiuto. Purtroppo è davvero un po’ così perché non c’è stata una unicità di pensiero che avrebbe potuto dare giovamento ai ragazzi ed evitare situazioni complesse. Ora leggiamo di tanti tentativi di suicidio e ci spaventiamo- afferma senza giri di parole lo psicoterapeuta che rammenta come- queste cose non accadono dall’oggi al domani, sono fenomeni che montano nel tempo e poi esplodono. Se tutti lo capissimo, staremmo più attenti e saremmo un po’ più lungimiranti nel proporre soluzioni che non sono di effetto immediato ma sono di salvaguardia per il futuro in quanto evitano di perdersi in situazioni così drammatiche che ci lasciano attoniti”. Guardando al prossimo futuro, alla tanto sperata ripresa di settembre, Castelbianco suggerisce: “Tutti noi dovremo dare il nostro contributo e cercare di aiutare le persone, non dare per scontato ‘che ormai sia finita’ perché sarà troppo presto. Dovremo avere più attenzione, prudenza, accuratezza e accudimento verso gli altri”, conclude.