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Il 26 e 27 ottobre si è svolto il seminario sulle tecniche narrative ICSAT. Orrù: training autogeno sta cambiando

 

 

 

Il 26 e 27 ottobre si è svolto a Roma il seminario sulle tecniche narrative Icsat. Orrù: training autogeno sta cambiando

 
 
 
TRAINING AUTOGENO, CON FIABE ICSAT AIUTA BIMBI A CAPIRE SENSAZIONI. ORRÙ: IMPARANO A SENTIRE TUTTI GLI ASPETTI PSICOLOGICI COLLEGATI

Il Training autogeno (TA) sta cambiando pelle. Non è più solo una pratica di rilassamento, è una tecnica introspettiva che permette alle persone di entrare nella corporeità per sentire le loro sensazioni. E a sorpresa l’Icsat (Italian Committee for the Study of Autogenic Therapy and Autogenic Training) sta estendendo questa tecnica anche nel lavoro terapeutico con l’infanzia, ma con una novità. “Stiamo mettendo appunto delle fiabe con caratteristiche specifiche: sono coerenti con gli engrammi (archetipi) di pesantezza, calore, cuore, respiro e cosi’ via. In questo modo anche i bambini molto piccoli, dai quattro anni in su, potranno sperimentare suddette sensazioni grazie alla collaborazione di genitori e terapeuti chiamati a raccontare le storie”. Lo spiega Walter Orrù, direttore Icsat, intervenendo al seminario nazionale su ‘La narrazione scritta, grafica e plastica dei vissuti delle tecniche della psicoterapia’ oggi a Roma. “I bambini sono molto concreti- continua lo psichiatra- e con questo percorso si cerca di aiutarli a rivivere le sensazioni”, a prendere coscienza del corpo e ad avviare un cambiamento. Molto utile, ad esempio, e’ la fiaba di Re Giorgio che permette ai più piccoli “di imparare a sentire la pesantezza dal punto di vista psicofisiologico, ma non solo. Imparano a sentire tutti gli altri aspetti collegati alla pesantezza, soprattutto quelli psicologici. Mi riferisco alla possibilità del lasciarsi andare- chiarisce Orrù- per sentire le sensazioni interne e iniziare a vedere gli aspetti psichici collegati a tali sensazioni corporee. Aspetti che il bambino costruisce piano piano nel tempo ma che a volte, a seguito di certi problemi e difficoltà, non vengono costruiti”. Cosi’ la fiaba aiuta i più piccoli a ricostruire le tappe evolutive rimaste un po’ più indietro nel percorso di crescita. 

Il TA diventa una scuola emozionale. “Una scuola che li aiuta, attraverso la percezione delle sensazioni, a scoprire le proprie emozioni e ad entrare meglio in relazione con l’alto”. Tutti i bambini possono praticarlo. “E’ realtà in molte scuole di altre nazioni- fa sapere Orrù- in Germania questa tecnica vive un grande sviluppo nell’ambito educativo”. La sua utilità è evidente per la “gestione di qualsiasi emozione, essendo un percorso di riscoperta naturale del funzionamento dell’organismo e della personalità. Se la rabbia e’ trattenuta la TA aiuta ad esprimerla. Se la persona invece è eccessivamente espressiva dal punto di vista della rabbia, aiuta a contenere questa gestione agendo dall’interno e riequilibrando il funzionamento delle emozioni. Il traning autogeno, dal punto di vista più fisiologico, riequilibra i diversi sistemi simpatico e parasimpatico- chiarisce il medico- con un’azione che parte a livello fisiologico e poi si estende a livello psicologico, rimettendo ordine nell’organismo”. Per poter essere praticato dai bambini occorre, però, che i genitori diventino dei co-terapeuti. “Devono essere istruiti e preparati adeguatamente per proporre le fiabe. La TA implica un lavoro sulle relazioni”

 

DI RENZO: LA CARENZA OGGI È POVERTÀ IMMAGINATIVA, “LEGGIAMO LE PRODUZIONI GRAFICHE COME NARRAZIONI DELL’INCONSCIO” 

“La carenza più importante del mondo attuale è immaginativa. Andiamo in terapia a qualunque età perché non riusciamo più a immaginare nuovi percorsi”. A dirlo è Magda Di Renzo, psicoterapeuta dell’età evolutiva e responsabile del servizio Terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), al seminario nazionale su ‘La narrazione scritta, grafica e plastica dei vissuti delle tecniche della psicoterapia’. “Il lavoro terapeutico punta a rimettere in moto, attraverso gli elementi presenti che possano essere sensoriali, di pensiero razionalizzante o altri- spiega la specialista- quel meccanismo immaginativo unico a consentire il passaggio e l’integrazione tra il mondo emotivo e quello cognitivo. Solo cosi’ la cognizione può trovare una sua radice reale e quindi amplificarsi”. Intervenendo poi sul confine tra psicopatologia e arte, la psicoanalista junghiana chiarisce che “a volte e’ molto labile e bisogna avere una buona conoscenza psicopatologica per andare oltre una lettura sintomatica e leggere le potenzialità insite”. Spesso nelle narrazioni grafiche portate dai pazienti emerge un elemento che si ripete. “Nei disegni di un bambino con una pregressa diagnosi di autismo e un reale talento artistico emergeva la ripetizione della figura di una casa- racconta Di Renzo- che deve essere intesa come elemento rassicurante. Rappresenta sia un suo modo di proteggersi da quel contenuto simbolico, che un tentativo di entrarci sempre più dentro”.

La ripetitività di alcuni elementi nei disegni può indicare, infatti, la strada di un trattamento terapeutico. “Non sempre la regressione significa solo psicopatologia- sottolinea Di Renzo- a volte la regressione può essere a servizio di un ulteriore trasformazione. In un momento critico del percorso di questo bambino e’ stato necessario proprio riandare a prendere gli elementi del passato per ritrovare una nuova prospettiva”. La psicoanalista lancia, infine, un avvertimento: “Non tutte le produzioni sono necessariamente artistiche. Noi leggiamo i prodotti grafici come delle narrazioni dell’inconscio che accompagnano, e a volte anticipano, quelle che saranno le narrazioni della coscienza. Sicuramente le rendono di più ampio respiro. Noi abbiamo una storia dell’inconscio che si presentifica attraverso le immagini- conclude la terapeuta- e una storia della coscienza che si costruisce intorno a queste immagini”.