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Le videointerviste agli esperti dell’Istituto di Ortofonologia

Diagnosi autismo, Di Renzo: Una buona elaborazione dei genitori migliora il benessere dei figli

“I genitori non aiutati ad elaborare la diagnosi di autismo dei figli, sono influenzati negativamente durante il percorso di sviluppo dei loro bambini”. Laddove, invece, “i genitori sono stati aiutati ad accettare la diagnosi dei figli e a vedere le cose dal punto di vista dei bambini, sono stati anche maggiormente in grado di essere sintonizzati con i loro piccoli durante le interazioni di gioco”. Da qui si genera un circolo virtuoso che “si manifesta proprio in un maggiore benessere dei bambini stessi: stanno meglio”. Presenta così Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), il principale risultato della ricerca ‘Sintonizzazione, insighftulness e accettazione della diagnosi nei genitori di bambini con autismo: implicazioni cliniche‘, condotta da esperti dell’IdO e pubblicata sulla rivista scientifica ‘Frontiers in Psychology’.

“È una ricerca che ha un’implicazione eminentemente clinica- spiega Di Renzo- perché si tratta di un aspetto che viene spesso sottovalutato”. Lo studio, realizzato in collaborazione con il professore Giulio Cesare Zavattini del dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica della Sapienza, si è basato infatti su test validati e sulla letteratura di studi già condotti in Israele e negli Stati Uniti. Si tratta, infatti, di un lavoro importante che ha coinvolto un campione di 50 genitori (26 madri e 24 padri) di 26 bambini di età compresa tra 24 e 58 mesi. Il campione è stato videoregistrato durante le interazioni genitore-figlio e poi intervistato su ciò che le mamme e i papà pensavano fossero stati i vissuti del bambino durante l’interazione di gioco, nonché su quali fossero stati i loro sentimenti e pensieri rispetto alla diagnosi del bambino. Le interazioni di gioco sono state esaminate, infine, utilizzando un protocollo di codifica per valutare la sintonizzazione dei genitori.

“L’altro punto interessante- prosegue Di Renzo- è che l’elaborazione della diagnosi non è legata al tempo che passa a partire dal momento in cui la diagnosi viene effettuata. Ci sono studi in letteratura in cui si dimostra che anche a distanza di 3 o 7 anni, se non c’è stata un’adeguata risoluzione, l’elaborazione non avviene. Questo significa che il genitore, pur mettendo in campo tutte le possibili energie- chiarisce la psicoanalista- non ha risolto emotivamente il problema della difficoltà di accettazione, perché non dobbiamo mai sottovalutare il fatto che si tratta di una diagnosi che cambia la vita delle famiglie. Ritengo sia doveroso da parte degli operatori occuparsi delle difficoltà dei genitori, per aiutarli a vivere il più serenamente possibile”.

Lo studio dell’IdO “ha comportato dei tempi lunghi di elaborazione, proprio perché tutti i genitori sono stati videoregistrati nelle loro sequenze con i bambini ed è stato poi possibile fare una riflessione rivedendo insieme i video- precisa la responsabile Terapie dell’IdO”. Un percorso, quindi, molto articolato “in cui i genitori hanno potuto verificare ed essere aiutati a comprendere quella che oggi si chiama l’insightfullness: la capacità di comprendere le intenzioni del bambino”. Il lavoro è stato condotto anche attraverso questionari validati e “ha aiutato quei genitori che ancora vivevano un nodo forte sul tema, ad iniziare un’elaborazione diversa. Per noi la ricerca ha avuto una finalità eminentemente clinica- ribadisce Di Renzo- perché ha aperto una riflessione sul bisogno di tener conto del bagaglio emotivo del genitore, che è il vero strumento attraverso il quale il bambino può sintonizzarsi in modo adeguato. E siccome si tratta di bambini atipici- ricorda Di Renzo- i genitori devono essere aiutati a comprenderli”.

Le mamme e i papà vanno supportati. “Devono rielaborare- sottolinea la psicoterapeuta- devono riacquistare sicurezza e sentirsi competenti, perché per un genitore è molto triste non sentirsi competente. D’altra parte nessuno può esserlo inizialmente con un bambino che presenta tali difficoltà. Per questo motivo penso che sia un dovere di coloro che operano terapeuticamente in questo ambito, aiutare i genitori a decifrare il figlio, affinché lui diventi un genitore competente, in grado di poter sentire e soddisfare i bisogni di suo figlio”. Il genitore “deve quindi recuperare la consapevolezza che è sempre possibile una relazione”. I risultati dello studio evidenziano, pertanto, “sia l’importanza di studiare la capacità di insightfulness genitoriale che l’accettazione della diagnosi di disturbi dello spettro autistico del bambino, per poter implementare programmi di intervento volti a supportare la sintonizzazione genitoriale e a migliorare le interazioni tra genitori e bambini con disturbi dello spettro autistico”.

Di Renzo conclude: “Bisogna avere la capacità di accettare la diagnosi per poterla elaborare. L’accettazione permette che il bambino possa crescere grazie all’aiuto di adulti che sanno sintonizzarsi con lui”.